Amarsi per amare

Era una sera di inizio autunno quando Marina si rese conto che la solitudine non era più un semplice sottofondo nella sua vita, ma una presenza tangibile, quasi ingombrante. Le foglie rosse e gialle si staccavano dagli alberi fuori dalla finestra del suo appartamento, danzando nel vento in un modo che sembrava troppo libero e troppo vivo rispetto al vuoto che sentiva dentro di sé. Era una sensazione che conosceva bene, ma che negli ultimi mesi si era intensificata al punto da diventare insopportabile.
Marina era sempre stata una donna indipendente. Dopo anni trascorsi a costruire la sua carriera come illustratrice freelance, si era abituata alla solitudine creativa, a quelle lunghe ore passate davanti al computer con solo il ticchettio del radiatore a farle compagnia. Eppure, quella sera, seduta sul divano con una tazza di tè ormai freddo tra le mani, sentì che c'era qualcosa di diverso. Un'inquietudine nuova, come un'ombra che si allungava su di lei.
"Non posso continuare così" si disse a mezza voce. E spinse sé stessa a fare qualcosa che non aveva mai fatto prima: creò un profilo su un'app di incontri. Mentre digitava la sua descrizione e sceglieva con cura alcune foto, cercava di convincersi che fosse una decisione razionale, un passo avanti per affrontare il suo isolamento. Ma, in fondo, sapeva che stava agendo per disperazione.
I primi giorni furono un misto di entusiasmo e ansia. I messaggi arrivavano in continuazione: alcune conversazioni erano superficiali, altre promettevano qualcosa di più interessante. Marina si trovò a uscire con alcune persone, uomini che sulla carta sembravano affascinanti, ma che dal vivo lasciavano un senso di insoddisfazione. Non c'era niente di sbagliato in loro, pensava. E allora perché non riusciva a sentirsi connessa davvero?
Un venerdì sera, dopo un appuntamento particolarmente deludente, Marina tornò a casa più frustrata di prima. La solitudine che aveva cercato di combattere sembrava amplificata, come se ogni incontro non facesse altro che ricordarle quanto fosse distante dall'avere una connessione autentica. Seduta sul pavimento del soggiorno, con il cappotto ancora addosso, cominciò a piangere. Non erano lacrime di tristezza, ma di resa.
Fu in quel momento che ricordò una frase che aveva letto in un libro: "La persona che più ci vuole bene la troviamo tutte le mattine davanti allo specchio".
Quelle parole risuonarono nella sua mente come un ammonimento. Era stata così concentrata nel cercare qualcuno che riempisse la sua vita, da dimenticare di amare sé stessa.
Nei mesi successivi, prese una decisione coraggiosa: smise di cercare attivamente un partner e si concentrò su di sé. Cominciò a frequentare un corso di meditazione, si iscrisse a un gruppo di trekking e dedicò più tempo alle sue passioni. Scoprì che stare da sola non significava essere sola. Anzi, imparò a godere della propria compagnia, a sentirsi completa anche senza la presenza di qualcun altro. C'erano giorni difficili, certo, ma ogni passo avanti le dava una sensazione di leggerezza.
Fu durante una di quelle escursioni che incontrò Giacomo. Non c'era niente di programmato o forzato nel loro incontro. Si ritrovarono a camminare fianco a fianco su un sentiero di montagna, parlando del panorama e del piacere di essere immersi nella natura. La conversazione si trasformò in una risata, e la risata in una promessa di rivedersi. Non c'era urgenza, solo un piacere genuino nel conoscersi.
Con il tempo, Marina capì che l'incontro con Giacomo era stato possibile solo perché aveva smesso di cercare un'ancora di salvezza. Era arrivata a lui non con il peso della solitudine, ma con la leggerezza di chi si sente già completa. E quel legame, nato in modo naturale, si rivelò essere il più autentico e profondo della sua vita.
Giacomo e Marina trascorrevano le loro giornate scoprendo insieme nuove passioni. Marina gli mostrò il suo mondo fatto di matite e colori, portandolo a visitare musei e piccole gallerie nascoste, mentre Giacomo, appassionato di cucina, la coinvolse in lunghe serate passate a preparare piatti elaborati, sperimentando ingredienti esotici e condividendo risate tra un assaggio e l'altro. Durante i fine settimana, amavano organizzare gite fuori città: si perdevano tra i sentieri di montagna, si fermavano a osservare il tramonto e parlavano per ore, condividendo sogni, paure e ricordi.
Marina trovò in Giacomo una calma che non aveva mai conosciuto prima, una presenza che non cercava di colmare i suoi spazi, ma li arricchiva. Giacomo, dal canto suo, scoprì in Marina una forza silenziosa e una creatività contagiosa, che lo ispirava a vedere il mondo con occhi nuovi. Il loro rapporto si costruiva giorno dopo giorno, senza fretta, basato su una comprensione reciproca profonda e sul rispetto delle individualità di ciascuno.
Non tutto era perfetto, ovviamente. Come ogni coppia, ebbero momenti di difficoltà: discussioni su piccole incomprensioni o giornate in cui la vita sembrava mettersi di traverso. Ma ogni volta riuscivano a ritrovarsi, perché entrambi avevano imparato che l'amore autentico non è l'assenza di conflitti, ma la volontà di affrontarli insieme. E così, con il tempo, Marina si rese conto che non era stato Giacomo ad averle dato la felicità, ma la consapevolezza di averla trovata prima dentro di sé. Giacomo era semplicemente il compagno con cui aveva scelto di condividerla.


Sai qual è la fregatura più grande? La gente aspetta di sentirsi sola prima di cercare qualcuno. È come fare la spesa quando hai una fame da lupi: finisci per comprare roba che mai nella vita avresti messo nel carrello, tipo quelle barrette proteiche che sanno di cartone umido. Ti butti sul primo che passa perché hai il panico da "resto sola per sempre", e BAM, sei incastrato con qualcuno che forse manco ti piace, ma almeno ti scalda il letto.
La solitudine è un trip strano. Ti sussurra nell'orecchio: "Ehi, sarà sempre così. Tu e Netflix. Per sempre." E invece di stare lì a goderti la libertà, a capire chi sei, a diventare una persona che vale la pena conoscere, che fai? Corri a riempire il vuoto con la prima persona che sorride nella tua direzione. E lì scatta la trappola: idealizzi, costruisci un film in testa e ti convinci che sia il grande amore, quando magari è solo un diversivo, uno che manco sa come si scrive il tuo nome senza sbagliare.
Il punto è che stare soli non è una maledizione. È un test. Se non sai stare da sola, che diavolo ci fai in coppia? Ti serve qualcuno per distrarti da te stessa? Amica, allora hai un problema. Stare bene da soli significa guardarsi allo specchio e dire: "Okay, magari non sono perfetta, magari ho dei gusti musicali discutibili, ma mi sopporto." E quando arrivi a quel punto, non ti butti sul primo che capita. No, scegli con calma, senza la pressione di dover riempire un buco emotivo.
L'amore che nasce dalla paura di stare soli è come un hamburger di un fast food: lo mangi di corsa, sembra una gran figata per cinque minuti, poi ti senti gonfio e insoddisfatto. Un amore che nasce dall'equilibrio, invece, è come un pasto cucinato con calma, con ingredienti buoni. Ti sazia davvero.
Quindi, il trucco qual è? Aspettare. Non nel senso di stare seduti come un allocco sperando che arrivi il principe azzurro o la fata madrina, ma di lavorare su di te, di capire cosa vuoi davvero. Perché se scegli qualcuno quando stai bene con te stessa, allora non sarà solo un riempitivo. Sarà un vero compagno di viaggio.
E se nel frattempo resti sola? Bé, meglio soli che con qualcuno che ti fa rimpiangere di non esserlo.